Molte imprese nel Veneto e anche a Verona che si trovano in sofferenza

Purtroppo, a causa soprattutto degli effetti della pandemia Covid-19, sono poco più di 12.000 le imprese del Veneto che si trovano in sofferenza; ad essere precisi 12.234. Parliamo di società non finanziarie e famiglie produttrici che sono state segnalate come insolventi dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Una sorta di “bollinatura” che, a rigor di legge, non consente a queste aziende di accedere ad alcun prestito emesso dal canale finanziario legale. Oltretutto, non potendo beneficiare di liquidità, rischiano, maggiormente molto più delle altre, di chiudere o, peggio ancora, di cadere tra le braccia degli usurai. Per fare a meno che la platea di queste aziende in difficoltà aumenti, la CGIA spera che il Governo Draghi potenzi maggiormente le risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’usura” e aiuti le banche a tornare a fare il proprio originario mestiere: cioè a sostenere, in particolar modo, le piccole imprese. Grazie all’attivazione di queste due misure, lo stock complessivo delle aziende in sofferenza non dovrebbe aumentare.
Al 31 marzo scorso, nella regione Veneto, Padova è al primo posto con 2.500 aziende in sofferenza: subito dopo troviamo Vicenza con 2.465, Treviso con 2.197 e Verona con 2.144. Invece le province venete meno interessate da questo fenomeno sono quelle che, in linea di massima, sono le meno popolate: come Rovigo (con 746 aziende segnalate alla Centrale Rischi) e Belluno (360).
Il “Fondo di prevenzione dell’usura” è stato introdotto con la legge n° 108/1996 e ha iniziato ad operare nel 1998. Questo fondo è stato introdotto al fine dell’erogazione di contributi a Consorzi, Cooperative di garanzia collettiva fidi oppure a Fondazioni e Associazioni riconosciute per la messa in sicurezza del fenomeno dell’usura. Ciascun i predetto ente può contribuire alla prevenzione del fenomeno dell’usura garantendo le banche per finanziamenti a medio termine o linee di credito a breve termine tutto a favore di piccole e medie imprese che già si sono viste rifiutare da una banca una domanda di intervento finanziario. Questa misura consente agli operatori deboli finanziariamente di accedere a canali di finanziamento legali e dall’altro verso aiuta le vittime dell’usura che, non svolgendo un’attività di impresa, non hanno diritto ad alcun prestito da parte del “Fondo di solidarietà”. Bensì il “Fondo di prevenzione” prevede due tipi di contribuzione. La prima è finalizzata ai Confidi a garanzia dei finanziamenti concessi dalle banche alle attività economiche. La seconda è riconosciuta alle fondazioni o alle associazioni contro l’usura che sono riconosciute dal MEF. Queste associazioni consentono alle persone in grave difficoltà economica (lavoratori dipendenti o pensionati) di accedere al credito in sicurezza. Negli scorsi 22 anni di vita, l’importo medio di prestiti erogati da questo fondo è stato di circa 50.000 euro per le Pmi e 20.000 euro per cittadini e famiglie. Lo stesso si alimenta in prevalenza con le sanzioni amministrative di antiriciclaggio e valutarie. Cifre importanti che, però, secondo la CGIA andrebbero implementate: purtroppo il Covid-19 ha spinto molte aziende sull’orlo del fallimento. Attività che se non aiutate rischiano di scivolare nell’insolvenza o, nella peggiore delle ipotesi, nella rete tesa da coloro che vogliono impossessarsene con l’inganno, incrementando così l’economia criminale.
Da sempre le scadenze fiscali fungono da ”innesco”, spingendo molte piccole aziende in difficoltà economica a “contattare” organizzazioni criminali oppure usurai per acquisire la liquidità necessaria per onorare questi impegni. Quest’anno, poi, il mese di settembre è in assoluto il più ricco di scadenze fiscali, anche perché riprende l’attività di riscossione e notifica di nuove cartelle esattoriali da parte dell’Agenzia delle Entrate. Inoltre ricordiamo che entro il 15 e il 16 settembre scorsi le imprese (soggette agli ISA, cioè agli ex studi di settore) dovevano pagare l’Irpef, l’Ires, l’Irap e l’ Iva. Lunedì prossimo, invece, sarà l’ultimo giorno utile per il ravvedimento breve e il 30 settembre è prevista la scadenza per il versamento delle rate della rottamazione-ter e del saldo e stralcio scadute il 31 luglio 2020. Un vero e proprio tour de force che potrebbe mettere in seria difficoltà la tenuta finanziaria di tantissime attività che, tradizionalmente, sono a corto di liquidità: soprattutto in questa fase economica così fragile.
Successivamente al crollo degli impieghi bancari alle imprese del Veneto avvenuto tra il giugno 2011 e lo stesso mese del 2020 (-30,4 miliardi pari a una contrazione del 30%), risulta altrettanto interessante verificare l’andamento registrato nei mesi successivi all’avvento del Coronavirus. Tra giugno 2020 e lo stesso mese di quest’anno l’incremento è stato del +3,7%. Alle imprese venete gli impieghi vivi, ovvero al netto delle sofferenze, sono aumentati di 2,6 miliardi di euro. Purtroppo, da alcuni mesi a questa parte, pare di capire che sia in atto una frenata nell’erogazione del credito anche nel nostro territorio. Questo ci fa ipotizzare che, probabilmente, l’effetto innescato dalle misure introdotte dal Conte bis si stiano affievolendo.

L C

Fonti: https://www.mattinodiverona.it/