“Smettetela di farci la festa. Di discriminazioni in genere” dedicata alle donne all’Università di Verona

E’ stata inaugurata in Biblioteca Frinzi la mostra di Stefania Spanò, in arte Anarkikk, dedicata alla Giornata internazionale per i diritti delle donne.  

“Smettetela di farci la festa”. Ed eccolo qui, provocatoriamente, il titolo della mostra che l’ateneo di Verona promuove in occasione dell’8 marzo, la “Giornata internazionale per i diritti delle donne”. Infatti non basta una giornata di festa dedicata, per combattere le discriminazioni e la violenza, sia fisica che di pensiero, che ogni giorno le donne subiscono. 

Il Cug, Comitato unico di garanzia dell’Università di Verona assieme all’associazione “Isolina e…” propone, dall’1 al 15 marzo, negli spazi della biblioteca Frinzi, la mostra “Smettetela di farci la festa. Di discriminazioni in genere” con esposte opere di Stefania Spanò, in arte Anarkikka, vignettista, autrice, illustratrice, femminista. La mostra vuole inoltrare il tema della violenza e del linguaggio che usiamo nel raccontarla. Un linguaggio dice l’autrice, che si fa complice perché veicola e rafforza una narrazione sbagliata della sopraffazione. Per cui gelosia è attenzione, possesso è amore, delitto è raptus, inteso come risposta “passionale” alla disperazione, al tormento. 

 

L’inaugurazione si è tenuta mercoledì 1 marzo nella mattinata nella Biblioteca Frinzi. Sono interventute a riguardo la presidente del Comitato Unico di Garanzia di ateneo Michela Nosè, la presidente di Isolina e… Marisa Mazzi. Assieme a loro il consigliere del Rettore per il Tavolo sindacale Roberto Leone. 

“La mostra, che viene proposta, ribadisce l’importanza del tema del linguaggio utilizzato anche per narrare le storie di violenza sulle donne” – ha commentato la professoressa e presidente del Comitato unico di garanzia Michela Nosè – Obiettivo del Cug e dell’Ateneo è quello di pensare all’8 marzo, come ad un’ulteriore occasione di riflessione su questi temi, partendo proprio dal titolo della mostra che in maniera provocatoria si chiama Smettetela di farci la festa. La collaborazione con l’associazione Isolina e… e l’utilizzo degli spazi della biblioteca Frinzi sottolineano, ancora una volta, l’importanza della rete territoriale e l’apertura delle iniziative al territorio. Verranno, inoltre, proiettati sempre negli spazi della biblioteca, gli slideshow, prodotti dal progetto Be You, promosso dal Cug in occasione dell’8 marzo negli anni passati. I laboratori BE_YOU sono stati rivolti alla comunità studentesca per riflettere sull’uso dei termini e delle parole, come possibile arma di violenza, e sui temi del body shaming e body positivity e i prodotti visivi rappresentano le immagini e le parole chiave individuate nell’interessante confronto con le studentesse e gli studenti”. 

La mostra sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 8.30 alle 23.30 ed è inserita nel programma della manifestazione “8 marzo 2023. La rivoluzione è donna” promossa dagli assessorati Parità di genere e Pari opportunità del Comune di Verona. 

 Le illustrazioni. Smettetela di farci la festa racconta di donne per parlare di società e della cultura in cui ognuna e ognuno di noi cresce, in ruoli spesso stereotipati che alimentano discriminazioni, disparità e violenza. Uno squilibrio che è manifesto nell’educazione che riceviamo, nelle discriminazioni sul lavoro e negli studi, nella differenza di retribuzione, nel linguaggio, nelle violenze di genere, nei femminicidi.

Smettetela di farci la festa approfondisce quindi il tema della violenza e del linguaggio che usiamo nel raccontarla. Linguaggio che si fa complice perché veicola e rafforza una narrazione sbagliata della sopraffazione, che abbiamo tutte e tutti interiorizzato.

Per cui gelosia è attenzione, possesso è amore, delitto è raptus, inteso come risposta “passionale” alla disperazione, al tormento. Un linguaggio assolutorio, il quale nell’assolvere il criminale minimizza il crimine, nel relegare alla follia individuale deresponsabilizza una comunità che non fa i conti con la propria identità e i propri valori, con il proprio sistema di significati. Assolve l’uomo e getta ombre sulla donna, sulla vittima, che diventa l’istigatrice del gesto folle, la responsabile, quella che “se l’è (sempre) cercata”. Quella che, ancora una volta, ha “la colpa” del suo stesso esistere.

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