Otoneurologia, gli esperti in problemi di udito a confronto nel convegno annuale all’Università di Verona

L’Organizzazione mondiale della sanità ha evidenziato l’importanza delle sordità quale terza causa di disabilità nel mondo. Nell’intera Italia sono 7 milioni le persone con problemi di udito, pari all’11,7% della popolazione e tra gli over 65 l’ipoacusia coinvolge una persona su tre. Proprio i massimi esperti in ambito audiologico e vestibolare si sono trovati sabato 28 gennaio presso l’Hotel Leon d’Oro, in occasione dell’evento annuale promosso dall’Academy of otoneurology la quale ha come responsabile scientifico il docente di otorinolaringoiatria dell’università di Verona Daniele Monzani. 

A fare da apripista ai lavori è stato il Magnifico Rettore Pier Francesco Nocini. “I maggiori studiosi italiani e non solo si sono confrontati sulle principali innovazioni nella diagnosi e cura delle patologie audiologiche e vestibolari – ha commentato il Magnifico Rettore – nell’ambito della nostra Regione, è di fondamentale importanza che anche nel nostro ateneo vengano sviluppate le competenze audiologiche e vestibologiche, parallele ma distinte, da quelle otorinolaringoiatriche non solo per quanto riguarda gli aspetti clinici, ma soprattutto per la formazione e l’aggiornamento delle figure professionali che collaborano con gli specialisti in Audiologia e Foniatria, nonché logopedisti, audiometristi e audioprotesisti”. 

La disciplina dell’otoneurologia sorge dall’unione dell’otologia (ramo della medicina che studia le patologie e le caratteristiche dell’udito) e neurologia (che analizza la parte cerebrale e il connesso sistema nervoso). L’otoneurologia è perciò una branca dell’otorinolaringoiatria che studia i disturbi dell’udito, il modo in cui questi ultimi siano collegati al sistema nervoso centrale, e come le patologie dell’orecchio interno possano sfociare in problemi di equilibrio (o funzione vestibolare). Questa disciplina si occupa di tutte le parti dell’orecchio, delle vie nervose centrali e periferiche connesse e di come l’insieme di queste strutture sia connesso ad altri apparati del corpo.

Il progressivo prolungamento dell’aspettativa di vita correlato a un numero crescente di persone anziane in qualsiasi popolazione, ha conseguenti effetti economici che si dovrebbero considerare come nuove sfide per i sistemi di assistenza sanitaria. Secondo le stime delle Nazioni Unite, nel 2020 c’erano 727 milioni di persone con età pari o superiore a 65 anni (9,3% della popolazione totale) e questo numero dovrebbe aumentare costantemente fino a circa 1,5 miliardi o circa il 16% della popolazione totale entro il 2050. Dal momento che l’invecchiamento della popolazione è il fattore predittivo più importante della perdita del l’udito, non sorprende che quasi un soggetto su quattro di quelli di età compresa tra 65 e 74 anni e uno su due di quelli di 75 anni e più anziani ne siano affetti. Nel nostro Paese solo il 31% della popolazione ha effettuato un controllo dell’udito negli ultimi 5 anni, mentre il 54% non l’ha mai fatto. Solo il 25% di coloro che potrebbero averne beneficio usa l’apparecchio acustico, nonostante l’87% di chi ne fa uso, dichiari migliorata la propria qualità di vita. (Fonti: Oms – Eurotrack – Censis).

Al di sotto della supervisione scientifica di Daniele Monzani, l’ateneo veronese è pronto per avviare tre progetti di ricerca. Il primo è incentrato sullo screening neonatale a carattere universale per la provincia di Verona sulle sordità neonatali per identificare prima possibile la presenza di sordità neonatale e, di conseguenza, la sua riabilitazione tramite la tecnica degli impianti cocleari. Il secondo permette la realizzazione in lingua italiana di appositi questionari di screening dell’ipoacusia nella popolazione adulta ed anziana per l’identificazione della patologia. In conclusione, l’identificazione dei fattori che causano il mancato utilizzo delle protesi acustiche negli adulti e negli anziani (stigma).

“Ancora una volta – commenta il docente Monzani – nonostante il progresso ottenuto dalla tecnologia, mancano a tutt’oggi strumenti clinico-strumentali che consentano di apprezzarne benefici e limiti. L’università è impegnata a valutare l’apporto di nuove tecniche di laboratorio (ITA-Matrix, IOI-CI, data logging) per comprendere le reali difficoltà incontrate dai fruitori dei sistemi protesici nella vita quotidiana con l’obiettivo di ottimizzare tali tecnologie e per sviluppare sistemi che consentano il ripristino della capacità di ascolto con entrambe le orecchie con protesi ed impianto”.

E non si può dimenticare la vertigine acuta, subacuta e cronica. “Questi sintomi – ha concluso Monzani – sono oggetto di una rinnovata capacità di analisi strumentale resa possibile, grazie alle donazioni della Fondazione Cariverona, dall’acquisto di strumenti innovativi come pedane stabilometriche con stimolatori ottico-cinetici. Queste tecnologie forniscono utili informazioni sia per i percorsi di riabilitazione vestibolare che per le prescrizioni di terapie farmacologiche convenzionali ed innovative”.

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