Carcere e giovani, parte a Verona il 1° tavolo di lavoro.

Il lavoro, come strumento indispensabile per formare i detenuti e per favorire il loro reinserimento nella comunità; l’istituzione di centri antiviolenza e percorsi ad hoc per i detenuti che si macchiano di reati sessuali; infine, l’aumento in carcere di detenuti giovanissimi, con problematiche specifiche da affrontare.

Sono questi i primi temi affrontati dal tavolo di lavoro promosso dal Comune per trovare soluzioni condivise alle problematiche che negli ultimi mesi hanno interessato la casa Circondariale di Verona ma che si riscontrano medesime nelle carceri delle altre città italiane.
E’ la prima volta che si affronta il tema del carcere come comunità, con il Comune che ha chiamato a raccolta le istituzioni e i soggetti che a vario titolo si occupano della Casa Circondariale di Verona e dei suoi detenuti con la volontà di trovare soluzioni che garantiscano la dignità delle persone. L’impegno attraverso questo tavolo è quello di lavorare affinché non si perdano occasioni di recupero sia dal punto di vista umano che sociale. Ciò in virtù anche della considerazione che per la maggior parte di coloro che entrano in carcere, la detenzione è un’esperienza transitoria, terminata la quale tornano ad essere cittadini a tutti gli effetti. Un reinserimento nel territorio che non può prescindere dal territorio stesso, considerato anche che molti dei detenuti nel carcere di Verona sono residenti del comune.
All’incontro in sala Arazzi c’erano l’assessora alle Politiche sociali Luisa Ceni e l’assessora alla Sicurezza Stefania Zivelonghi, il dirigente del Terzo settore Paolo Martini in rappresentanza dell’assessore Italo Sandrini, in collegamento la direttrice della Casa Circondariale di Montorio Francesca Gioieni, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale don Carlo Vinco, il direttore dell’Ufficio distrettuale di esecuzione penale esterna di Verona Enrico Santi, il Presidente Camera Penale Veronese Paolo Mastropasqua, i magistrati dell’Ufficio di Sorveglianza di Verona Michele Bianchi,  Maddalena De Leo, Margherita Amitrano Zingale e due educatori del carcere. Assenti, senza aver delegato alcuno, il Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria Giovanni Russo, invitato oltre un mese fa, e il Garante Nazionale dei Detenuti Felice Maurizio D’Ettore, che solo ieri ha segnalato l’impossibilità a partecipare, anche da remoto.
“Un confronto molto utile, che ha confermato quanto sia importante un coordinamento delle realtà che a vario titolo si occupano del carcere e di come la casa circondariale sia percepita come una realtà distante dalla comunità, ciò penalizza soprattutto il reinserimento lavorativo dei detenuti per il quale sono previsti diversi meccanismi normati a livello nazionale – ha affermato l’assessora alla Sicurezza Stefania Zivelonghi-. Si è scelto di partire con queste tre tematiche ma non sono certamente le uniche che verranno affrontate, penso ad esempio a quella sanitaria che è già all’ordine del giorno del prossimo tavolo Ora si entra nella fase operativa di ciascuna problematica, ci aspettiamo dei passi avanti a breve”.
“È stato un momento importante perché ci si è confrontati con le diverse sensibilità e i diversi approcci ad un tema che coinvolge e riguarda tutta la comunità- ha affermato l’assessora alle Politiche sociali Luisa Ceni-. Ora che le criticità e i problemi sono emersi in modo chiaro, siamo pronti ad affrontarli con determinazione, forti del supporto di tutti i soggetti coinvolti”.
“In questo primo tavolo ci siamo soffermati sul tema del lavoro e sulla differenziazione delle presenze, ma già dal prossimo affronteremo anche il tema dell’assistenza sanitaria, legata ai recenti episodi di autolesionismo – ha detto il garante dei detenuti don Carlo Vinco-. Grazie alla sensibilità di questa Amministrazione siamo stati coinvolti per la prima volta in modo sistematico per dare voce ai più fragili e fornire risposte concrete alle tematiche del carcere”.
I temi affrontati.
Lavoro. Tutti d’accordo nel considerare il lavoro uno strumento fondamentale non solo per formare i detenuti all’interno del carcere ma anche per favorire il loro reinserimento nella comunità una volta scontata la pena o anche come misura durante la detenzione. Sono solo una ventina i detenuti che in carcere hanno la possibilità di lavorare, su un totale di oltre 530, ancora troppo pochi per favorire formazione, integrazione e dignità. Attualmente funzionano due laboratori di sartoria, una falegnameria, il forno per la produzione di dolci e il laboratorio al femminile per la produzione di marmellate, attività che coinvolgono un numero esiguo di persone impegnate rispetto alle necessità. L’impegno del tavolo di lavoro è mettere in campo azioni efficaci per promuovere una maggiore integrazione tra carcere e territorio.
 
Centri antiviolenza. La Legge nota come Codice Rosso prevede, tra le altre cose, percorsi specifici per il recupero e l’accompagnamento dei detenuti colpevoli di reati di violenza sessuale attraverso centri antiviolenza da attivarsi sui territori. Uno strumento sul quale l’amministrazione ha chiesto approfondimenti, se non altro per capire con quali risorse poter contribuire, considerato anche che i sex offender sono i detenuti che per la tipologia di reato e per la solitudine in cui si trovano sono i più esposti ai fenomeni di suicidio.
Giovani detenuti. Cresce il numero di carcerati giovanissimi, una cinquantina quelli attualmente presenti nella casa Circondariale di Verone tra i 19 e 20 anni, con problematiche specifiche e per alcuni versi nuove che vanno affrontate in modo adeguato.
Redazione