Storie di terrore da Gaza. La popolazione civile va “protetta ora”.

Abraham Saidam non ce l’ha fatta, a soli 26 anni ha perso la vita, in un attacco alla propria abitazione. Era uno dei giovani palestinesi che partecipava alle attività del Centro culturale di scambio culturale Vik, sorto a Gaza più di dieci anni fa grazie a Meri Calvelli, la quale oggi è persino responsabile delle attività promosse dalle associazioni Acs di Padova e Progettomondo di Verona, dal titolo Greening the future, nato per fornire fonti di acqua potabile, servizi educativi e di sostegno psico-sociale, e al fine di potenziare il sistema di rifiuti urbani.
“La polvere non si è ancora depositata, e scrivo con dolore e tristezza”, è il messaggio del suo amico Mohammed, per annunciare la tragica notizia. “Sopravviviamo un altro giorno senza sapere che fine faremo o cosa succederà. La morte è ovunque e la vita da nessuna parte. La nostra vita non ha significato se non lottiamo per il nostro diritto a vivere e per la nostra libertà”.

Abraham era il protagonista dello spettacolo teatrale “All That’s Left to ME” tratto dall’Odissea. Aveva perfino realizzato la grafica della locandina e si era occupato del montaggio del trailer dello spettacolo.
“Qualche giorno fa avrebbe dovuto arrivare in Italia insieme a un gruppo di 15 ragazze e ragazzi per esibirsi a Milano, Siena e altre città, ma non è riuscito a ottenere il passaporto in tempo”, dice Meri Calvelli. “Tutto è saltato e ora abbiamo appreso che Abraham non c’è più”.
Mohammed Almajdalawi, fino a ieri, ha comunicato da Jabalya, al nord di Gaza City. È uno dei volontari del centro, e partecipa al progetto condiviso a Gaza dalle due associazioni, con il supporto di Cesvi, Educaid e il partner italiano CISS.
Dopo essersi inizialmente allontanato dalla città con i suoi 4 figli, ha deciso di tornarci, a costo di perderci la vita.
La vita, ci ha fatto sapere, l’hanno persa nelle scorse ore sua sorella con il marito. “Tre dei miei figli sono in ospedale”, riferisce. “La situazione è davvero molto dura, orribile. Non c’è un posto sicuro”.

E dopo c’è Said, logista delle attività dei progetti, tutt’ora in Egitto, con l’ansia di poter tornare in fretta a Gaza, dove si trovano sua moglie e i figli.
“Ho avuto un permesso per accompagnare in Europa una donna malata. Le frontiere sono state bombardate, sono chiuse e ho già provato 5 volte a raggiungere Gaza. Ora, dopo tre voli, sono in Egitto e aspetto di trovare un varco. Non posso stare fuori dalla Striscia dove si trova la mia famiglia. O vivo con loro, o muoio con loro”.

“Ci sono continui bombardamenti, massacri, sia al nord di Gaza che a Khan Yunis, nel sud della Striscia”, dice in un video messaggio Karam Jad, altro volontario del Centro Vik. “Le persone sono alla disperata ricerca di cibo, non abbiamo aiuti umanitari di nessun tipo, nemmeno medico. L’ospedale di Shifa, a Gaza City, ha annunciato che i medici non abbandoneranno feriti e malati, piuttosto moriranno nella struttura insieme a loro, ma hanno bisogno di aiuto, di attrezzature, di farmaci”.

Acs e Progettomondo si uniscono all’appello di Aoi (Associazione delle Ong Italiane) col fine di individuare quanto prima zone sicure per i civili e sia consentito l’accesso agli aiuti umanitari.
“Confermiamo l’allarme urgentissimo per la crisi umanitaria a Gaza e ci uniamo alla voce delle Nazioni Unite nel richiedere un intervento immediato della comunità internazionale”, si legge in una nota di Aoi. “Sosteniamo le ragioni di Amnesty International nel ribadire che non si ritiene accoglibile e giustificabile l’avvertimento dell’esercito israeliano alla popolazione civile del nord di Gaza e di Gaza City di evacuare verso il sud della Striscia. Queste le parole di Amnesty International: “si tratta di uno sfollamento forzato di civili, che è una violazione di fatto del diritto internazionale umanitario. Denunciamo il terrore che quest’ultimatum ha generato nella popolazione civile, costringendo migliaia di palestinesi sfollati a dormire in strada, senza alcuna certezza su dove cercar rifugio, nel mezzo di una campagna implacabile di bombardamenti da parte di Israele in una logica di spietata punizione collettiva. È fondamentale che quest’ordine venga revocato immediatamente”.
Le organizzazioni di AOI per questo chiedono che la comunità Internazionale pretenda: la revoca dell’ordine di evacuazione emanato dall’esercito israeliano in 12 ottobre scorso, l’ingresso immediato di aiuti e soccorsi per la popolazione civile di Gaza, a partire dai convogli umanitari fermi in Egitto da giorni al valico internazionale di Rafah; l’identificazione ora e subito di ‘safe zones’ per i civili dentro la Striscia, incluse abitazioni, ospedali e altre strutture di uso pubblico; le garanzie per una modalità in sicurezza di lasciare la Striscia per ferite e feriti, e malati gravi, in modo da ricevere le cure cui hanno diritto. La popolazione civile nella Striscia di Gaza deve essere protetta. ORA”.

L C